La guerra di William Wold

Diego Remaggi
4 min readFeb 21, 2024

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Ho trovato il nome di William Wold mentre stavo facendo alcune ricerche sulla seconda battaglia di Fallujah, avvenuta nel novembre del 2004. Bush aveva detto che gli USA avevano vinto la guerra. Era vero? Parzialmente, non c’era ancora stato modo di sperimentare il grande disorientamento successivo alla dissoluzione del regime di Saddam che li portò ad una sostanziale perdita di controllo e di reputazione. William aveva 21 anni e da 4 prestava servizio nell’esercito degli Stati Uniti, prima come guardia presidenziale e poi in Iraq. Kevin Sites invece era già abbastanza abituato a stare in zone di guerra, era il suo lavoro, da giornalista, documentare quello che accadeva.

Un giorno di novembre Kevin e William erano nello stesso posto, uno armato di fucile, l’altro di videocamera. La storia era ormai quotidianamente ripetitiva: il battaglione di Marines cercava di stabilizzare la situazione che gli insorti iracheni miravano a complicare da ogni piccolo angolo di una città in rovina. Avevano ucciso alcuni uomini della milizia privata Blackwater e questo Washington non poteva permetterlo, non era suolo americano, ok, ma quelle vite dovevano essere tutelate e quantomeno vendicate il giusto.

In una moschea ci fu uno scontro a fuoco. William e altri compagni furono mandati a controllare una stanza nascosta. Per vedere se era “pulita”. Dentro c’erano una mezza dozzina di insorti, pieni di armi, impauriti, stretti uno accanto all’altro, nessuno aveva sparato un colpo. William e gli altri non sapevano cosa fare ma ricevettero l’ordine di aprire il fuoco e così fecero. Decine di proiettili che uccisero tutti gli iracheni.

Le immagini che girò Kevin quel giorno fecero il giro del mondo, non solo per la brutalità con cui avvenne la post-uccisione degli insorti, quanto l’indifferenza con cui i Marines agivano pur essendo consci della presenza di un giornalista.

William Wold non superò mai quei giorni a Fallujah. Gli mancavano pochi mesi al congedo, ma la sua testa e la sua anima rimasero lì, in quella moschea diventata sepolcro, fatta di urla e spari, dove forse non aveva più un senso nulla di quello che il battaglione stava facendo.

La battaglia di Fallujah finì. William tornò a casa, ma tutto era profondamente cambiato. Ci furono diversi episodi che fecero capire a sua madre il turbamento emotivo e psicologico che il ragazzo stava vivendo.

Con tutto quello che aveva visto e fatto a Fallujah nel novembre 2004, Wold ha dichiarato ai medici di avere difficoltà ad adattarsi alla vita civile e di soffrire di incubi, flashback e intorpidimento emotivo. Gli è stato diagnosticato un grave disturbo da stress post-traumatico. “Secondo quanto riferito, aveva anche subito una lesione da esplosione in Iraq, di cui ho trovato pochi dettagli, ma le cartelle cliniche indicano che stava sperimentando gravi difficoltà cognitive compatibili con una lesione cerebrale traumatica”, racconta Sites. Come molti altri membri del servizio che tornano dalle guerre in Iraq e Afghanistan fisicamente o psicologicamente danneggiati, o entrambi, la vita di Wold ha iniziato a ruotare intorno a un potente cocktail di antidolorifici, rilassanti muscolari e antidepressivi che ha usato per affrontare le sue ferite.
Pochi mesi dopo aver ricevuto una diagnosi precisa del suo problema, William decise di riarruolarsi nei Marines. Nel mentre continuava a prendere ossicodone per lenire i suoi traumi.

La dipendenza di Wold dall’OxyContin divenne così evidente che i Marines lo inserirono nel Substance Abuse and Rehabilitation Program per una terapia intensiva in regime di ricovero. Quando non riuscì a completare con successo il programma, fu messo nell’unità di attesa medica del Naval Medical Center in attesa di essere dimesso. In pochi anni, era passato da un guerriero impavido battezzato in alcuni dei più feroci combattimenti della storia militare recente a un tossicodipendente che stava per essere cacciato dai ranghi di coloro ai quali un tempo aveva portato tanto onore.

Il 9 novembre del 2006 William Wold e suoi due amici decisero di guardare assieme un film nel tardo pomeriggio. Wold stava per prendere per la seconda volta le proprie medicine, gli accadeva spesso, e questa volta furono i suoi amici a ricordargli che le aveva già assunte. Lo lasciarono nella sua stanza alle 23:30, si sarebbero rivisti poi il mattino successivo per andare in campeggio. Quando tornarono però Wold non dava segni di vita, era nella stessa posizione della sera prima, ma non respirava più: era morto a 23 anni, il 10 novembre 2006.

La morte di Wold è stata “catalogata come tossicità da metadone, clonazepam, diazepam e fluoxetina”. Un’overdose accidentale. I registri ufficiali affermano che il ragazzo non è stato in grado di completare un programma per sconfiggere l’abuso di sostanze.

Secondo una ricerca recente i veterani hanno maggiori probabilità di sviluppare il PTSD rispetto ai civili. Tra i veterani, quelli che si schierano in missione hanno maggiori probabilità di soffrire di PTSD rispetto ai veterani che non lo fanno. Inoltre, i veterani che si rivolgono al VA per l’assistenza sanitaria hanno maggiori probabilità di ricevere una diagnosi di PTSD rispetto a quelli che si rivolgono ai servizi sanitari della comunità.

Molto tempo dopo il loro ritorno a casa, diverse truppe continuano a combattere con il disturbo da stress post-traumatico. Una guerra che miete altrettante vittime. O quantomeno le annienta.

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Diego Remaggi

Nato in una città chiamata La Pace, abituato a vivere in un mondo di guerra. Scrivo di giornalismo e geopolitica. Email: diego.remaggi@pm.me